Monte di Cambio

Se si amano i boschi è la salita giusta.
Dal piccolo cimitero di Albaneto, parte il sentiero che sale al monte di cambio da questo versante, i primi 700 metri di salita sono interamente nel bosco, poi belle praterie e ampie dorsali regalano bei colori e panorami verso il Terminillo. Ma arrivano le nuvole e come si scende il bosco arriva davvero molto presto.


Tocca scappare dalle nuvole e dalla pioggia, una seria perturbazione insiste su tutto il versante Est, la finestra è stretta e il rischio di bagnarsi rimane comunque; il monte di Cambio da Albaneto non l’ho mai salito e i Reatini tra tutti sembrano darci la garanzia migliore, è andata per il monte di Cambio. Poco più di un’ora per raggiungere Albaneto, arrivati a Posta si svolta a destra per Leonessa, pochi chilometri di curve si sale fino ai 1000 metri di quota, lungo il rettilineo un chilometro prima del paese sulla sinistra, località Crocefisso, accanto al piccolo cimitero e all’ampio parcheggio inizia il sentiero. Una ampia sterrata si inoltra verso i boschi che coprono fittamente la dorsale, il Cambio, che dovrebbe svettare sopra è coperto dalle nuvole; attraversiamo ampie praterie popolate da bianche mucche intente a pascolare, qualcuna ci osserva sorniona con quello sguardo che mai si capisce se incuriosito o scocciato. La sterrata gira verso Sud, scorre parallela al bosco della Fossatella senza inoltrarcisi, si tralasciano altre sterrate che si staccano da quella principale fino a quando questa non si fa fortemente dissestata e gira secca sulla destra finalmente in salita. Si continua sulla stessa carrareccia tralasciandone una che si stacca in piano sulla sinistra, fin tanto che dopo qualche centinaio di metri non si fa finalmente sentiero e compaiono i primi segni giallo-rossi. La traccia rimane sempre evidente, meno i segnali che in qualche caso risultano scoloriti, in ogni caso non abbiamo trovato difficoltà a rimanere sul sentiero. Superato il primo tratto del bosco che sulle carte è distinto dal toponimo del Macchione avremmo dovuto trovare una deviazione sulla sinistra a quota 1400m. che sale direttamente al monte di Cambio, alcune relazioni trovate sul web parlano di una corrispondenza con una radura ma anche di questa non abbiamo trovato evidenza, motivo per cui senza volerlo abbiamo cambiato progetto in corsa e continuato sulla stessa traccia; capiremo l’intersezione al ritorno quando abbiamo usato la nostra via di salita per scendere, dall’alto il sentiero è molto evidente ma si perde quasi giunti in corrispondenza della traccia principale, ne riparlerò quando saremo di rientro. Di fatto abbiamo abbandonato il sentiero 427 ed abbiamo continuato sul sentiero 432 che continua in costante salita traversando Macchia Porana, lungo il percorso non ci sono evidenze che distinguono i sentieri. Sempre immersi nel bosco per circa altri 2 chilometri abbiamo continuato con pochi affacci sulla valle sottostante fino a quota 1700, dove quasi improvvisamente la faggeta termina e lascia il passo ad un bel sentiero pulito che traversa sotto ripide praterie (+2,15 ore). Superati un paio di speroni rocciosi poco prominenti il sentiero vira ad Ovest, è immerso nelle altre e bruciate praterie, segue il profilo della montagna, supera un fosso con uno stretto gomito e si avvia verso la sovrastante dorsale dove letteralmente si perde sui prati; il sole ancora radente li accende, sprigionano colori caldi, forti e moto suggestivi. La tonda cuspide del Cambio, o quella che è l’inizio della dorsale che conduce alla vetta è di fronte, tra speroni rocciosi e praterie sale ripida, la direzione da prendere è chiara ma preferisco salire direttamente la vicina linea della dorsale che traversare basso e ancora incassato, un po' perché non vedevo l’ora di affacciarmi sul Terminillo e anche per avere una maggiore possibilità di confidenza col territorio circostante. Le nuvole coprono il Terminillo e la Sassetelli, parzialmente il Porcini e anche il Ritornello e l’Elefante, splendida la vista invece sulle boscose valli interne, sulla Vallonina e sui Reatini più bassi del versante Nord, ricordo di una bella traversata compiuta qualche anno fa con Giorgio e Giacomo. Una larga e piatta dorsale raggiunge le pendici Nord del Cambio, la salita sul tondo spigolo appare subito ripida, non intuisco e non vedo una traccia che sale e continuo diritto per cercare fonte di Cambio poco più avanti; la raggiungiamo con una piccola deviazione di pochi minuti (45 min.) ma invece che tornare indietro mi faccio tradire da delle belle tracce che continuano a traversare, Marina era contraria ma io si sa sono un testardo, la solita pigrizia non mi ha fatto tirar fuori la carta e quando ci siamo accorti che quelle tracce si dirigevano verso il rifugio Vallebona molto più in basso e altre verso il Porcini per intenderci, era troppo tardi per tornare indietro e riprendere il sentiero. Col disappunto comprensivo di Marina abbiamo preso a salire diritti sui pratoni prima molto ripidi e poi più in alto più appoggiati, quella che sembrava un imprevisto impegnativo si è risolto con una quarantina di minuti di lenta salita, raggiungiamo la dorsale duecentocinquanta metri a nord della vetta, raggiungerla è cosa da poco. Nuvole in agguato, ci sistemiamo sotto vetta verso Ovest (1,15 ore) per riparaci dal vento e lentamente il Terminillo e tutte le montagne intorno ci spariscono dalla vista, come sempre all’appuntamento di vetta con le nuvole si è sempre estremamente precisi. Il gruppone intorno alla croce di vetta fa un po' troppo casino per i nostri gusti, per fortuna dal momento che sono arrivati da qualche decina di minuti rinfreddoliti come erano hanno tolto le ancore ed hanno preso la via del rientro, di fatto hanno compiuto il nostro stesso percorso, prima ci hanno raggiunti e ora ci precedono. Mangiamo qualcosa, non sentiamo ancora l’umidità delle nuvole e abbiamo il tempo per faci avvolgere lentamente; orizzonti azzerati ma è un bel sentire più che vedere, sono percezioni, sono piccole emozioni, le nuvole sono dense e grigie, una coperta di nebbia, negli strati bassi lasciano filtrare luce e Vallescura prima e la sagoma massiccia del Giano filtrano con delle tonalità tenui e affascinanti. Ci raffreddiamo velocemente e tocca che ci muoviamo in fretta, il tempo di una foto sull’omino di vetta; a proposito al posto della brutta croce coi catarifrangenti dei guard rail c’è una piccola croce in ferro a mala pensa sostenuta di un omino instabile, alla prima galaverna seguita da forti venti prenderà sicuramente la via di uno dei due versanti ripidi, resiste invece la statua bronzea della madonnina issata dal CAI di Leonessa pochi metri più a Nord. Prendiamo la cresta Sud Est per scendere e continuare l’anello, come ci abbassiamo di poche decine di metri usciamo dalle nuvole, una incredibile linea netta delimita lo strato di nuvole e nebbia, sembra che a sostenerle ci sia un invisibile telo; sotto, al buio, orizzonte lontano fin alla Vallescura e alle pendici del Giano, suggestiva immagine e anche un po' insolita. Raggiungiamo velocemente la sella cento metri più in basso, molto evidente la traccia che si stacca verso Est e che entra nel vallone che si infila verso il Macchione. Un centinaio di metri o poco più allo scoperto e poi si entra nella faggeta, senza che ce ne accorgiamo si lascia il vallone e si inizia a cavalcare una dorsale, a tratti molto ripida e scivolosa. La faggeta prima bassa e fitta si fa alta e rada, tratti di dorsale si alternano a fossi scavati, pochi quelli piani, la traccia nelle foglie del sottobosco è molto leggibile, rimane sempre chiara e precisa, fino a quota 1500 dove si iniziano ad alternare delle praterie e si perde un po'. Attraversiamo in discesa ogni radura senza scostarci da una linea più o meno retta e ogni volta finiamo per ritrovare la traccia quando si rientra nella faggeta, non c’è ombra di segnaletica, fino a quota 1400 dove incrociamo il sentiero netto che riconosciamo per averlo salito la mattina (+1,20 ore); e capisco anche il perché non sono riuscito ad imboccare questa traccia che doveva essere la nostra linea di salita al Cambio. Non c’è un omino, una indicazione, una palina, una traccia a terra che indichi una deviazione, la letteratura trovata sul web e che avevo intenzione di seguire, parla di una deviazione a questa quota, in prossimità di una radura e di una dorsale sulla sinistra, ma la dorsale non è molto evidente in questo punto, più in alto è molto più marcata, la radura è una sottile apertura erbosa che si spalanca dopo un breve tratto di boscaglia che costeggia il sentiero principale, insomma, se non la si conosce è impresa improba per non dire impossibile individuarla. Costruisco un omino in quella che dovrebbe essere la deviazione e spero richiami l’attenzione di chi come me sceglierà questa linea per salire al Cambio; non sono certo possa essere sufficiente, anche ponendosi qualche domanda sulla sua presenza non ci sono gli elementi per intravedere in salita una linea certa da prendere. Prendiamo sulla destra il sentiero che traversa il Macchione, il fitto tratto di faggeta che abbiamo percorso anche la mattina in salita; poco meno di due chilometri prima che il sentiero si faccia carrareccia disconnessa e che atterri poi in località Fossatella dove prenderà a girare in piano ad allontanarsi dal bosco fino a raggiungere, tagliando macchie e praterie, il parcheggio del piccolo cimitero di Albaneto (+1 ora). I costoni del Cambio, nonostante la giornata si sia mantenuta grigia e priva di sole sono ora ben visibili sopra la fitta faggeta, impossibile distinguere le tracce che abbiamo percorso, il versante appare come una fitta e continua macchia boschiva. Che dire di questa salita? Che mi aspettavo di più, da fare per conoscere meglio questa montagna, il tratto di bosco è lungo e forse finisce per essere monotono, la traccia che abbiamo seguito oggi sale gradualmente ma è quasi totalmente priva di ogni orizzonte e visuale fin tanto non si esce a quota 1750 e si iniziano a vedere le basse cime sopra Leonessa, fino al monte Tilia, stupenda poi la vista che si apre sul Terminillo e la Vallonina una volta raggiunta la dorsale, belli gli ultimi duecento metri di salita in vetta ma come si riprende a scendere dalla parte opposta ci si reimmerge nella faggeta ed il film è quello già visto. Per compiere il giro in senso opposto e ammesso che si riesca a intercettare la traccia che noi abbiamo usato in discesa, la salita diventa molto più ripida e faticosa ma la sostanza non cambierebbe affatto. Non lo so, camminare in montagna è sempre bello ed è meglio di starsene a poltrire a casa ma a parte allungare il proprio curriculum con le salite da tutti i versanti di ogni montagna, le opzioni di raggiungere il Cambio da Vallescura o ancora meglio dal Sebastiani al Terminillo rimangono sicuramente le scelte migliori, più panoramiche e più appaganti. 1000 i metri di dislivello.